Nel 1982 il dottor Robert Gallo scoprì l’origine virale di una nuova malattia, l’HIV. L’HIV col tempo poteva determinare l’AIDS, una malattia in cui il deficit delle difese immunitarie favoriva l’insorgenza di malattie infettive e tumorali estremamente infrequenti. La diffusione della malattia, attraverso il sangue e i rapporti sessuali, crebbe progressivamente nella popolazione, fino a raggiungere un picco in Italia negli anni ’90. A quell’epoca, la malattia suscitò grande risonanza mediatica ed allerta nella popolazione, anche per l’assenza di cure a disposizione.
In Italia, il picco di mortalità fu nel 1996, con quasi 5000 casi. Negli anni successivi, le campagne mediatiche crearono una maggiore attenzione verso la prevenzione di atteggiamenti sessuali a rischio, cosicché la diffusione della malattia nella popolazione diminuì progressivamente. Allo stesso tempo, vennero scoperti i primi farmaci antiretrovirali, che bloccavano il peggioramento clinico della malattia. Di conseguenza, l’HIV-AIDS diventò una malattia meno preoccupante e clinicamente meno grave.
Oggi in Italia si ammalano 4 persone ogni 100.000 abitanti all’anno e muoiono di AIDS circa 700 persone ogni anno. La malattia colpisce mediamente più i maschi delle femmine, con un rapporto di 4:1; l’età media alla diagnosi è di 39 anni negli uomini e 36 nelle donne.
I numeri progressivamente in discesa fanno sì che oggi di HIV-AIDS si parli troppo poco. Questo ha creato una rilassatezza delle abitudini di prevenzione soprattutto nei più giovani e purtroppo l’incidenza di nuovi casi di malattia è in aumento nella fascia d’età tra i 25 e i 29 anni.
In Italia, circa 13.000-15.000 persone hanno HIV ma non lo sanno. Gran parte delle persone con HIV lo scoprono molto in ritardo, e questo porta a una rapida conversione ad AIDS (nell’80% entro 6 mesi).
Il riconoscimento precoce dell’infezione da HIV ha grandi vantaggi sia per il singolo individuo (che inizia prima la terapia antivirale, in grado di ridurre sia l’impatto della malattia che la sua mortalità) che per la collettività (lo stato di positività comporta l’assunzione di comportamenti sessuali consapevoli; ad oggi, il 90% delle infezioni derivano da rapporti sessuali non protetti).
Questi dati richiamano l’esigenza di prestare grande attenzione verso una malattia il cui impatto potrebbe essere fortemente limitato grazie a una più alta consapevolezza ma che purtroppo nel 2019, nel mondo, ha causato ancora 690.000 morti.