La prevenzione in ginecologia

Insieme a un corretto stile di vita quotidiano che comprende alimentazione sana, attività fisica e riduzione dello stress, la prevenzione ginecologica rimane lo strumento più importante a tutela della salute di ogni donna

Il semplice controllo ginecologo annuale con ecografia transvaginale e pap test costituisce l’elemento fondamentale per una corretta prevenzione ginecologica e per la tutela della fertilità della donna.

In presenza di sintomi quali dismenorrea grave, algie addominali, perdite vaginali persistenti, cicli abbondanti o irregolari e perdite ematiche in menopausa è importante contattare il ginecologo.

Nelle donne con patologie uterine e ovariche note è opportuno eseguire il controllo ginecologico associato ad ecografia pelvica transvaginale almeno una volta all’anno anche in assenza di sintomi.

Altre condizioni in cui è importante ricevere il supporto ginecologico sono le seguenti:

Gravidanze indesiderate: il ginecologo potrà informati correttamente sulle opzioni terapeutiche e sulle corrette tempistiche entro le quali è obbligatorio procedere per legge.

Infertilità di coppia: previenila curando, ove possibile, le malattie sessualmente trasmesse. Fai ecografie pelviche regolari per accertare il benessere di utero, tube e ovaie.

Promuovi uno stile di vita sano con alimentazione corretta ed attività fisica, cercando di evitare il fumo e l’abuso di alcool.

La chirurgia robotica per la patologia della prostata

L’utilizzo del robot ha consentito di rivoluzionare la chirurgia del tumore della prostata, riducendo notevolmente il tasso di complicanze associato, cosicché questa metodica è diventata lo standard di cura nelle strutture più all’avanguardia. 

La prostatectomia radicale robotica consente di rimuovere la prostata utilizzando sonde laparoscopiche di soli 5-12 mm di diametro guidate da una telecamera. L’uso del robot permette di eseguire movimenti estremamente precisi, eseguiti dal chirurgo posto a poca distanza dalle “mani” del robot. 

Per semplificare, il chirurgo effettua il movimento operatorio a distanza, usando come riferimento uno schermo full HD che proietta immagini del campo operatorio molto ingrandite. Grazie a visori 3D, il movimento del chirurgo è estremamente preciso; questo movimento viene tracciato sulle 3 dimensioni e “dettato” al robot, che lo esegue con minima latenza temporale sul campo operatorio effettivo, minimizzando le imperfezioni del movimento umano

Il risultato chirurgico in termini funzionali è nettamente superiore rispetto alla procedura tradizionale di prostatectomia radicale a cielo aperto. La chirurgia robotica permette un recupero più precoce delle funzioni sessuali e di continenza urinaria rispetto la normale tecnica a cielo aperto, riduce il dolore postoperatorio, la durata della degenza ospedaliera e permette di tornare più rapidamente alle normali attività quotidiane.

L’intervento robotico potrebbe non essere indicato in caso di tumori in stadio avanzato o in pazienti in cui in mantenimento della normale funzione sessuale non sia prioritaria.

Siccome l’intervento robotico richiede una posizione prolungata a testa in basso, è utile escludere con una visita oculistica ed esami strumentali (campo visivo ed OCT del nervo ottico) la presenza di glaucoma. E’ inoltre opportuno, per ottimizzare il risultato chirurgico, effettuare sedute di fisioterapia pre- e post-operatorie per preparare e riabilitare il pavimento pelvico. Al centro Medical264 abbiamo tutta l’esperienza multidisciplinare per seguirti al meglio durante un eventuale percorso chirurgico per il tumore prostatico. 

La vaginite

La vaginite è l’infiammazione della vagina, dovuta a cause infettive o non infettive. Le forme infettive sono sostenute da batteri, virus, funghi e parassiti. La vagina ha fisiologicamente una flora batterica che impedisce l’attecchimento di microorganismi esterni. Tale situazione è facilitata da condizioni che modificano l’equilibrio della flora batterica, in particolare da terapie antibiotiche locali o sistemiche oppure da variazioni del pH vaginale. Altre volte le vaginiti riconoscono eziologie diverse rispetto a quella infettiva. Infatti, esistono le forme irritative correlate all’utilizzo di diversi prodotti quali detergenti intimi, assorbenti, tamponi interni, spray vaginali, lavande, prodotti spermicidi che possono irritare i tessuti della vagina, oppure le forme atrofiche dovute all’ipoestrogenismo tipico della menopausa, e, infine, le forme attiniche dovute ai danni da terapie radianti, effettuate nella cura di alcuni tumori.
Quali sono i sintomi della vaginite? I sintomi della vaginite includono: – cambiamento di colore, odore e/o quantità delle secrezioni vaginali – prurito, bruciore – dolore durante i rapporti sessuali e alla minzione – lieve sanguinamento Come prevenire la vaginite? E’ possibile prevenire la vaginite correggendo alcune abitudini errate: – evitare le irrigazioni vaginali se non necessarie, in quanto possono modificare la flora batterica – nella pulizia genitale, è buona regola pulirsi dal davanti verso il dietro, e non il contrario: in questo modo si evita la diffusione di batteri fecali alla vagina – nella detersione, non usare saponi eccessivamente aggressivi e preferire la doccia al bagno; asciugare bene per evitare il ristagno di umidità. – utilizzare il preservativo durante i rapporti sessuali aiuta a evitare le vaginiti che si trasmettono sessualmente. Diagnosi  La diagnosi corretta si basa sulla anamnesi (con la raccolta dei sintomi riferiti dalla paziente), una visita ginecologica e, se necessario, il tampone vaginale Le forme infettive più frequenti sono da candida albicans (un fungo), da trichomonas vaginalis (un protozoo che di solito infetta il tratto urinario negli uomini in modo asintomatico e viene poi trasmesso alla donna attraverso il rapporto sessuale) e da batteri (Gardnerella). Terapia  Nel caso della vaginite infettiva, verrà prescritto un trattamento antimicrobico specifico, da assumere per via orale o da applicare localmente (sotto forma di crema, ovuli o gel) per la durata di 5-10 giorni. La vaginite atrofica può essere trattata efficacemente mediante l’utilizzo di estrogeni sotto in differenti formulazioni e vie di somministrazione (compresse, gel, creme, cerotti). L’utilizzo di prodotti emollienti e lubrificanti è utile sia nelle forme atrofiche che in quelle attiniche.

Il nostro volontariato in Africa

AMOA, Associazione Medici Oculisti per l’Africa, ha pubblicato recentemente un libro in cui si raccontano le storie di medici volontari e di pazienti tratte dalle numerose missioni organizzate e sostenute dai suoi membri. Il dr. Paolo Fogagnolo, membro di AMOA da circa 10 anni, dopo avere effettuato alcune missioni in Cameroun, ha curato il capitolo su questo meraviglioso Paese insieme all’attuale presidente di AMOA. dr. Francesco Martelli. Il libro è a disposizione di chi lo desiderasse presso il centro Medical264. L’offerta libera verrà interamente devoluta ad AMOA.

AMOA è un’associazione di volontariato costituita nel 1997, iscritta all’anagrafe unica delle Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale (ONLUS) dell’Agenzia delle Entrate dal 2008, aconfessionale e senza fini di lucro. È composta da medici, professionisti sanitari e volontari che dedicano gratuitamente parte del loro tempo alla cura e prevenzione delle malattie oculari in Italia e in Africa. AMOA investe il 100% dei fondi in cura dei bambini, delle donne e degli uomini africani destinati alla cecità; nella formazione di medici, di infermieri locali e nell’apertura di centri oftalmologici nel territorio africano. Se sei interessato a conoscere di più circa questa bella realtà, visita il sito https://www.amoaonlus.org/home/ . Se lo vuoi, puoi donare ad AMOA il tuo 5×1000 inserendo il codice fiscale di AMOA, 91267940376, nella dichiarazione dei redditi, nell’apposita scheda allegata al CUD oppure sul Modello Unico persone fisiche.

Epatite C. Quali sono le novità terapeutiche?

L’epatite C è una malattia cronica del fegato dovuta al virus dell’epatite C (HCV). Al mondo, circa 100 milioni di persone hanno un’infezione cronica e circa 400.000 persone muoiono ogni anno per le sue complicanze (tumore del fegato e insufficienza epatica da cirrosi).

Il virus HCV si trasmette tramite contatto diretto con sangue infetto. La causa più comune di trasmissione è l’utilizzo promiscuo di aghi e siringhe infette. Altre cause meno frequenti sono:

– l’esposizione a materiale non sterile per procedure odontoiatriche, per l’esecuzione di tatuaggi e piercing;

– la condivisione di rasoi, spazzolini o forbici da unghie con persone infette;

– la promiscuità sessuale associata alla mancanza di protezione

Questi fattori, oltre all’esposizione a sangue infetto per trasfusioni, furono particolarmente importanti nel diffondere il virus prima che venisse scoperto nel 1989 e sono alla base dell’alta prevalenza di malattia nelle persone con più di 65 anni.

L’infezione acuta da HCV è molto spesso priva di sintomi. Nel 50-80% dei casi, dopo l’infezione acuta il virus cronicizza, danneggiando progressivamente il fegato. Pur in assenza di dati precisi, si pensa che in Italia il 3% degli ultra 65enni abbiano un’infezione cronica da HCV. La prevalenza è minore al diminuire dell’età.

La terapia dell’epatite C è stata insoddisfacente fino a pochi anni fa. Da pochi anni, invece, sono disponibili farmaci antivirali ad azione diretta (DAA), dotati di elevata efficacia (95-100%) e molto ben tollerati. Grazie alla loro introduzione clinica, farmaci precedentemente usati quali l’interferone sono ora controindicati.

I DAA possono essere somministrati a quasi tutti i pazienti con HCV (sono attualmente esclusi quelli con malattia in fase molto avanzata o quelli che assumono terapie che interagiscono con l’efficacia degli antivirali) e sono in grado di eliminare il virus grazie a un breve ciclo di cura di  durata compresa tra 8 e 16 settimane.

Grazie a questi nuovi farmaci, lo scenario della malattia nei prossimi anni è destinato a migliorare rapidamente, al punto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fissato per il 2030 l’obiettivo di eradicazione mondiale dell’epatite C.

HIV e AIDS oggi: una malattia di cui si parla troppo poco.

Nel 1982 il dottor Robert Gallo scoprì l’origine virale di una nuova malattia, l’HIV. L’HIV col tempo poteva determinare l’AIDS, una malattia in cui il deficit delle difese immunitarie favoriva l’insorgenza di malattie infettive e tumorali estremamente infrequenti. La diffusione della malattia, attraverso il sangue e i rapporti sessuali, crebbe progressivamente nella popolazione, fino a raggiungere un picco in Italia negli anni ’90. A quell’epoca, la malattia suscitò grande risonanza mediatica ed allerta nella popolazione, anche per l’assenza di cure a disposizione.

In Italia, il picco di mortalità fu nel 1996, con quasi 5000 casi. Negli anni successivi, le campagne mediatiche crearono una maggiore attenzione verso la prevenzione di atteggiamenti sessuali a rischio, cosicché la diffusione della malattia nella popolazione diminuì progressivamente. Allo stesso tempo, vennero scoperti i primi farmaci antiretrovirali, che bloccavano il peggioramento clinico della malattia. Di conseguenza, l’HIV-AIDS diventò una malattia meno preoccupante e clinicamente meno grave.

Oggi in Italia si ammalano 4 persone ogni 100.000 abitanti all’anno e muoiono di AIDS circa 700 persone ogni anno. La malattia colpisce mediamente più i maschi delle femmine, con un rapporto di 4:1; l’età media alla diagnosi è di 39 anni negli uomini e 36 nelle donne.

I numeri progressivamente in discesa fanno sì che oggi di HIV-AIDS si parli troppo poco. Questo ha creato una rilassatezza delle abitudini di prevenzione soprattutto nei più giovani e purtroppo l’incidenza di nuovi casi di malattia è in aumento nella fascia d’età tra i 25 e i 29 anni.

In Italia, circa 13.000-15.000 persone hanno HIV ma non lo sanno. Gran parte delle persone con HIV lo scoprono molto in ritardo, e questo porta a una rapida conversione ad AIDS (nell’80% entro 6 mesi).

Il riconoscimento precoce dell’infezione da HIV ha grandi vantaggi sia per il singolo individuo (che inizia prima la terapia antivirale, in grado di ridurre sia l’impatto della malattia che la sua mortalità) che per la collettività (lo stato di positività comporta l’assunzione di comportamenti sessuali consapevoli; ad oggi, il 90% delle infezioni derivano da rapporti sessuali non protetti). 

Questi dati richiamano l’esigenza di prestare grande attenzione verso una malattia il cui impatto potrebbe essere fortemente limitato grazie a una più alta consapevolezza ma che purtroppo nel 2019, nel mondo, ha causato ancora 690.000 morti.