La patologia prevalente in ambito cardiologico è rappresentata dalla cardiopatia ischemica, causata da una progressiva ostruzione dei vasi coronarici, che è favorita dalla presenza di fattori di rischio ben noti e la cui correzione ha una grande efficacia nel prevenirla. L’efficacia è massima nella prevenzione primaria (prima che si verifichi un evento coronarico nei soggetti portatori di fattori di rischio) ma è molto efficace anche in quella secondaria (attuata dopo che un evento si sia verificato). Tale patologia è subdola, in quanto per lungo tempo rimane asintomatica e quando si manifesta lo fa in molti casi in modo acuto e improvviso come nel caso dell’infarto miocardico. Tale evento spesso non è preceduto da sintomi e richiede un intervento nel tempo più breve possibile, poiché quanto più rapidamente si riesce ad intervenire, in una struttura ospedaliera, sul vaso coronarico ostruito responsabile dell’infarto, applicando il cosiddetto stent coronarico, tanto più si limitano i danni sul muscolo cardiaco.
L’evento coronarico acuto, proprio perché repentino e inatteso ha anche conseguenze psicologiche in quanto si passa da uno stato di completo benessere ad una condizione che viene percepita come potenzialmente invalidante. In realtà non è così, in quanto nella stragrande maggioranza dei casi si riprende una vita del tutto normale con buona qualità della vita a patto che si prenda coscienza della grande importanza che rivestono 3 elementi fondamentali che dovranno costantemente accompagnare la vita futura: 1) la prevenzione delle recidive 2) l’aderenza alla terapia medica 3) la regolarità di controlli clinici periodici. La prevenzione si attua con un corretto stile di vita, una corretta dieta alimentare, una regolare attività fisica e una costante e regolare assunzione di farmaci. Nel corso dei periodici controlli clinici vengono date tutte le indicazioni per una efficace prevenzione ed oltre a valutare l’andamento clinico, viene adeguata di volta in volta la terapia medica, vengono programmati i controlli ematochimici e strumentali necessari e viene anche valutata l’opportunità, se necessario, di intervenire sull’aspetto psicologico, tutti interventi che sono in grado di garantire a lungo la buona qualità della vita.
Bruciore oculare, sensazione di avere sabbia o un corpo estraneo negli occhi, affaticamento visivo, fluttuazioni visive, arrossamento oculare, eccessiva lacrimazione o sensazione di avere l’occhio bagnato, difficoltà ad aprire le palpebre al risveglio, prurito al bordo palpebrale, frequente comparsa di calazi o orzaioli. Se soffri di uno di questi disturbi, molto probabilmente soffri di sindrome dell’occhio secco, una patologia molto frequente nella nostra popolazione.
Il film lacrimale serve a proteggere la superficie dell’occhio e costituisce la prima lente del sistema visivo. Esso è il prodotto della secrezione di diverse ghiandole poste a livello della palpebra e della congiuntiva. In caso di sindrome dell’occhio secco, o la secrezione lacrimale è diminuita o è aumentata la sua evaporazione per fattori ambientali sfavorevoli o, più spesso, una combinazione dei due fattori.
La diagnosi di occhio secco non può prescindere dallo studio accurato dello stato di salute generale: a sostenere la sindrome da occhio secco sono spesso patologie endocrinologiche (disturbi degli ormoni del sesso), dermatologiche (rosacea, acne, dermatite seborroica) o immunologiche (artrite, sindrome di Sjogren); la politerapia (cinque o più pastiglie assunte al giorno) è fortemente associata alla secchezza oculare. In presenza di secchezza oculare, la visita oculistica deve identificare le anomalie della superficie oculare associate e porvi rimedio, se possibile. Il trattamento della secchezza oculare consiste nella correzione dei fattori ambientali sfavorevoli, nella correzione dei fattori scatenanti locali (quando possibile) e nell’integrazione con sostituti lacrimali.
Molto spesso, la secchezza è associata a una ridotta funzione delle ghiandole di Meibomio, poste sulla palpebra. In casi selezionati, il trattamento con antibiotici locali o sistemici, l’igiene palpebrale dedicata (impacchi caldi e pulizia delle ciglia) e il trattamento con luce pulsata possono drasticamente migliorare o addirittura risolvere il fastidioso problema della secchezza oculare. In casi selezionati, si può fare ricorso a farmaci che regolino l’infiammazione (colliri cortisonici a basso dosaggio, ciclosporina) o che apportino fattori nutritivi in concentrazione aumentata (colliri a base di siero autologo).
Se sospetti di soffrire di occhio secco oppure sai già di avere questo problema e vorresti essere curato al meglio, rivolgiti presso la nostra struttura: Medical264 ti offre la possibilità di un approccio diagnostico e terapeutico integrato, con specialisti esperti nel trattare questa patologia e nel riconoscerne le cause sottostanti.
Le moderne tecniche laser hanno raggiunto livelli di eccellenza rendendo l’operazione agli occhi con il laser una prassi consolidata per correggere miopia, astigmatismo e ipermetropia. Due i laser che possono essere utilizzati: laser ad eccimeri e il laser a femtosecondi.
Il laser ad eccimeri utilizza luce ultravioletta per modificare la curvatura della cornea attraverso il controllo di un sistema computerizzato, con una precisione di 2 micron (cioè 2 millesimi di millimetro). Il laser a femtosecondi o femtolaser è così chiamato perché usa impulsi luminosi della durata dell’ordine dei femtosecondi (1 femtosecondo= 10 alla -15 secondi); grazie alla durata brevissima si possono ottenere elevate potenze sulla cornea impiegando livelli di energia relativamente bassi, con una precisione di 10 micron. Questo laser è utilizzato per creare tagli e lembi a livello corneale.
Esistono varie tecniche di chirurgia laser sulla cornea, raggruppabili in due gruppi:
Superficiali (PRK e varianti: LASEK, EpiLasik)
Profonde (femtoLASIK, SMILE)
La PRK, PhotoRefractive Keratectomy, è una tecnica caratterizzata da grande sicurezza, semplicità di esecuzione e risparmio tissutale; il risultato visivo finale è ottimale; rispetto alle tecniche profonde, ha un decorso post-operatorio più fastidioso nei primi giorni. La tecnica consiste, dopo avere stabilizzato le palpebre con uno strumento che aiuta a tenerle aperte, nella rimozione della parte centrale dell’epitelio corneale mediante applicazione di una soluzione alcoolica per 20 secondi. Successivamente viene effettuata una fotografia dell’iride e il paziente viene invitato a fissare una luce rossa di riferimento, che consente al computer di “agganciarsi” ai movimenti dell’occhio, che seguirà per tutta la procedura laser (“eye-tracking”). Successivamente il laser è pronto a partire: con una durata variabile da 2 a 30 secondi, il laser ad eccimeri vaporizza il tessuto corneale superficiale, rimodellando il profilo della cornea in modo preciso e regolare e correggendo così il difetto refrattivo. Al termine dell’intervento, il paziente viene medicato con colliri antibiotici ed antinfiammatori e viene posizionata una lente a contatto che verrà lasciata per alcuni giorni, nel tempo in cui l’epitelio corneale ricrescerà a coprire l’area trattata. Le varianti alla PRK utilizzano una diversa gestione dell’epitelio, ma sono sostanzialmente sovrapponibili per risultato.
La femtoLASIK si differenzia dalla PRK per il fatto che il trattamento con laser ad eccimeri viene effettuata al di sotto di un lembo corneale (spesso 120-150 micron e adeso alla restante cornea nel settore superiore) che viene sollevato per effettuare il rimodellamento corneale negli strati sottostanti (da qui l’acronimo LASIK che sta per LAser in SItu Keratomileusis). Alla fine della procedura, il lembo corneale viene riposizionato nella posizione originale come protezione della cornea sottostante; l’angolo di taglio del lembo fa sì che si posizioni spontaneamente nella posizione originaria senza necessità di essere suturato. L’intervento è quindi più lungo e complesso perché il paziente deve ricevere due laser diversi. Essendo una procedura più profonda rispetto alla PRK, può indebolire maggiormente la cornea: l’idoneità a questo trattamento deve essere valutata e discussa attentamente. I grandi vantaggi della femtoLASIK sono la quasi totale assenza di sintomi e un recupero visivo quasi immediato: già il giorno successivo, la quasi totalità dei pazienti riesce a vedere 10 decimi! La tecnica SMILE è simile alla femtoLASIK: grazie al femtolaser, si crea un piccolo lenticolo corneale negli strati profondi, che viene estratto tramite una piccola incisione. Quindi, rispetto alla femtoLASIK la SMILE non crea un flap libero, ma esegue un trattamento a cornea “chiusa” (eccetto il piccolo taglio per estrarre il tessuto ablato). Il trattamento è sottrattivo analogamente a PRK e femtoLASIK (cioè, si riduce la curvatura corneale togliendo tessuto). Seppure questa tecnica ha il vantaggio concettuale di operare attraverso una piccola incisione, è limitata dalla creazione di una doppia interfaccia e dalla sua laboriosità.
A oggi, sulla base della nostra esperienza ventennale, PRK e femtoLASIK sono laser che coprono tutte le esigenze dei pazienti (eccetto difetti refrattivi estremi, in cui è utile valutare tecniche additive, per cui si rimanda alla pagina Togliere gli occhiali ad ogni età.
Cosa aspettarsi dopo la PRK Dopo la PRK, il paziente avrà dolore variabile da moderato a forte per i primi 2-3 giorni, coi sintomi tipici di una congiuntivite: dolore, intolleranza alla luce, lacrimazione, bruciore, palpebre gonfie e naso che cola. Questi disturbi durano il tempo in cui avviene la riepitelizzazione corneale (2-3 giorni) e per contrastarli si posiziona una lente a contatto alla fine dell’intervento e vengono usati farmaci antidolorifici per bocca. Inoltre viene iniziata una terapia con colliri antibiotici e intinfiammatori e con sostituti lacrimali. Gli antibiotici verranno sospesi una volta avvenuta la riepitelizzazione (e in quel momento verrà tolta anche la lente a contatto protettiva); gli intinfiammatori e i sostituti lacrimali verranno continuati per mesi – questo è molto importante per limitare reazioni infiammatorie corneali che potrebbero inficiare il successo del trattamento. Normalmente, dopo i primi giorni il paziente non ha limitazioni di alcun tipo a svolgere le comuni occupazioni; la vista non sarà ancora perfetta e gli occhi saranno molto secchi e facilmente stancabili. Bisogna usare buon senso: evitare ambienti potenzialmente dannosi (piscine e spa, luoghi molto assolati, ventosi, fumosi o polverosi), non sfregare gli occhi, non fare entrare acqua corrente, usare sempre occhiali da sole all’esterno, instillare con regolarità i colliri e recarsi alle visite di controllo come prescritto. I pazienti trattati con PRK per difetto ipermetropico avranno una iniziale sovracorrezione, per cui vedranno molto bene per vicino, ma un po’ sfuocato per lontano. Nelle settimane dopo il trattamento, questa ipercorrezione si ridurrà progressivamente fino a diventare nulla dopo 4-8 settimane. E’ molto importante evitare nei primi sei mesi l’esposizione diretta prolungata alla luce del sole senza indossare occhiali da sole: raramente, l’esposizione solare può stimolare l’attivazione dei cheratociti e causare la regressione della miopia. Oggigiorno, i casi di regressione di miopia sono rarissimi e sono quasi sempre dovuti alla mancata osservazione di questa avvertenza oppure a una cicatrizzazione anomala della cornea (haze corneale), che può essere prevenuta con l’uso di cortisonici protratta nei mesi successivi al trattamento; in caso di comparsa di haze, può essere trattata nuovamente una volta stabilizzato il difetto visivo (circa 12 mesi).
Cosa aspettarsi dopo la femtoLASIK o la SMILE Rispetto alla PRK, le tecniche laser profonde comportano un fastidio molto ridotto nei primi giorni postoperatori; inoltre la vista si stabilizza molto più in fretta, consentendo già dopo i primi 2-3 giorni una attività quotidiana quasi normale. Si richiede al paziente di evitare comunque per le prime due settimane attività sportive o attività lavorative fisicamente impegnative. Come per la PRK, bisogna evitare nel primo mese ambienti potenzialmente dannosi (piscine e spa, luoghi molto assolati, ventosi, fumosi o polverosi), non sfregare gli occhi, non fare entrare acqua corrente, usare sempre occhiali da sole all’esterno, instillare con regolarità i colliri e recarsi alle visite di controllo come prescritto. Come per la PRK, è molto importante evitare nei primi sei mesi l’esposizione diretta prolungata alla luce del sole senza indossare occhiali da sole.
…E se qualcosa va storto? Ogni chirurgia non è scevra da rischi; lo stesso vale per la chirurgia refrattiva. Complessivamente, però, queste tecniche sono molto sicure e, in caso di problemi, sono quasi sempre risolvibili. La regressione miopica è un problema raro (1 caso su 100) e consiste nel ritorno della miopia nonostante il laser; i casi che vediamo nello studio Medical264 sono casi trattati con tecniche vecchie (laser meno precisi e soprattutto zone ottiche di trattamento piccole, un fattore spesso associato a regressione): il ritrattamento in questi pazienti è sicuro e risolutivo nella grande maggioranza dei casi. Dopo il laser, quasi tutti i pazienti riferiscono un peggioramento della sensazione di secchezza oculare. Questo è assolutamente normale e legato alle modifiche indotte dalla chirurgia; la secchezza di solito dura alcuni mesi. Nel caso in cui la secrezione lacrimale fosse già ridotta prima dell’intervento, la secchezza potrebbe essere estremamente forte e causare danni epiteliali importanti. In questa situazione, bisogna studiare al meglio la situazione della superficie oculare e definire un piano di cura per ottimizzare la secrezione lacrimale, di solito ottenendo risultati più che soddisfacenti. Nei primi mesi, è normale la visione notturna di raggi e aloni intorno alle luci. Questo fenomeno è più evidente nella correzione dei difetti elevati e nella correzione della ipermetropia e regredisce progressivamente in 1-6 mesi. A volte, lo studio accurato della situazione preoperatoria mette in risalto che la correzione di difetti elevati porrà il paziente a rischio di avere aloni notturni permanenti. Abbiamo potuto constatare che la discussione di questo potenziale fenomeno prima dell’intervento lo rende complessivamente molto più accettabile da parte del paziente (che, spesso, riferisce alonatura anche precedentemente al laser, a causa delle aberrazioni visive per un difetto ottico elevato), soprattutto se vengono utilizzate zone ottiche di ampiezza adeguata al diametro pupillare, come da prassi coi laser di ultima generazione.
La terapia antinfiammatoria con cortisone può causare, in alcuni pazienti, un aumento della pressione dell’occhio. E’ importante diagnosticare in tempo questo problema, per non scatenare un glaucoma da cortisone. Un eventuale rialzo pressorio può essere gestito in modo efficace con colliri specifici e riducendo il prima possibile l’uso di cortisonici; esso è di solito transitorio e non genera alterazioni oculari. Tuttavia è fondamentale che la gestione di questo problema sia accorta. Raramente si possono verificare cicatrizzazioni anomale nelle tecniche di superficie: si osserva una fine opacità corneale anomala (haze). Tale problema risponde bene alla terapia cortisonica e tende a guarire spontaneamente nel giro di 8-12 mesi. Nelle tecniche profonde si possono avere problemi infiammatori del lembo o una imperfetta adesione del lembo alla restante cornea, con la necessità di riposizionarlo correttamente dopo qualche giorno o dopo alcune settimane. A volte si osserva un recupero visivo lento: in genere è dovuto a una guarigione dell’epitelio e dello stroma corneale anomala e rallentata, oppure ad eccessiva fragilità dell’epitelio corneale. In questi casi sporadici sarà necessario usare i colliri a dosaggi maggiori; alla fine, tuttavia, la guarigione avverrà in maniera totalmente soddisfacente. Le infezioni costituiscono un rischio comune a qualunque procedura chirurgica; in caso di laser sono eccezionali per frequenza e ben controllabili con la terapia mirata. E’ di fondamentale importanza attenersi alla terapia consigliata per numero di somministrazioni al giorno, orario e durata.
In conclusione, come minimizzare il rischio di problemi in questa chirurgia? Semplicemente affidandosi a chirurghi esperti, che abbiano esperienza in problematiche corneali e che siano in grado di riconoscere in fretta (e, meglio ancora, prevenire) eventuali problemi postoperatori. Come capire se un chirurgo è esperto? Al di là delle apparenze, di solito il chirurgo esperto è quello che spiega i rischi potenziali senza reticenze, con parole semplici e in serenità, perché è confidente e sereno nella gestione di questi problemi, se dovessero insorgere. Inoltre, è facile capire l’esperienza dallo scrupolo dedicato per valutare i fattori di rischio prima dell’intervento. Il chirurgo esperto sa che il paziente deve essere controllato spesso dopo l’intervento, perché alcune problematiche possono insorgere a tempi diversi; di conseguenza, prospetta già prima dell’intervento un piano di visite da seguire fino all’anno successivo. Inoltre l’uso di tecnologie di ultima generazione è imprescindibile per ottenere i migliori risultati. Tutto questo si traduce in costi chirurgici elevati. Bisogna diffidare delle proposte a basso costo, delle “offerte speciali”, dei centri che offrono due interventi al prezzo di uno: quasi sempre questa politica del risparmio viene applicata anche su altri fattori che il paziente non può controllare pienamente (tipologia del laser, esperienza del personale). Un laser effettuato a regola d’arte sarà “per sempre”; non ha quindi senso porsi come obiettivo un risparmio economico che, rapportato nel lungo tempo, è davvero trascurabile e non giustifica l’esposizione della vista a rischi evitabili.
E’ stato dimostrato che, di tutte le informazioni che ci arrivano dai nostri organi di senso e che noi usiamo per interagire con l’ambiente esterno, il 90% derivano dall’organo della vista. Una corretta funzione visiva è quindi fondamentale per il benessere e la piena realizzazione dell’essere umano. Oltretutto, la vista è fatta per essere usata! Non c’è cioè nessun vantaggio a “riposare la vista” in quasi nessuna situazione. Tuttavia, un bene così prezioso va trattato con riguardo: vediamo come è possibile mantenere una salute visiva il più a lungo possibile.
Innanzitutto, è fondamentale ricordare che il miglior alleato della vostra vista è l’oculista: grazie al rispetto delle visite prestabilite, l’oculista è in grado di riscontrare e trattare la presenza di malattie oculari negli stadi più precoci. La prevenzione più efficace è quindi farsi visitare con cadenza regolare: almeno ogni 3-5 anni sotto i 40 anni di età e almeno ogni 2 anni sopra i 40 anni di età, salvo diversamente specificato dal tuo oculista. Per i bambini, è necessario rispettare le visite filtro entro un anno di età e a tre e sei anni. In caso ti fossero state diagnosticate patologie oculari, attieniti rigorosamente ai follow-up che ti sono stati consigliati.
Ricordati che la salute degli occhi riflette il tuo stato di salute generale; pertanto, se vuoi prenderti cura della tua vista, devi curare in modo adeguato eventuali tuoi problemi di salute. Lo studio dell’occhio è un esame imprescindibile per valutare il compenso di alcune malattie del metabolismo (in primis il diabete) o di malattie cardiovascolari (in primis l’ipertensione arteriosa). Molte malattie cutanee, endocrine, allergiche, immunitarie e reumatologiche si possono presentare con disturbi agli occhi. Ricordati che l’occhio è estremamente sensibile alle terapie che assumi: questo è particolarmente vero per il cortisone (che può innalzare la pressione dell’occhio e generare cataratta), per i sonniferi (che accentuano la secchezza oculare) e per alcuni derivati della clorochina (che possono causare alterazioni retiniche).
Nella popolazione italiana è molto alto il numero di persone con poca vitamina D nel sangue. La ridotta concentrazione di vitamina D è associata con secchezza oculare; quindi esponiti con regolarità alla luce del sole e controlla la tua concentrazione di vitamina D nel sangue: evitare l’avitaminosi D è molto importante per invecchiare bene! Nel caso, integra la tua assunzione di vitamina D.
La dieta è un altro aspetto fondamentale da curare per prevenire problemi agli occhi. I tessuti oculari hanno un metabolismo molto elevato e sono costantemente esposti alla luce, che è un potente ossidante. Come regola generale, non è necessario usare integratori specifici per gli occhi né mangiare mirtilli in quantità! L’utilizzo di integratori specifici è di qualche utilità soltanto per i pazienti affetti da degenerazione maculare; questi integratori dovrebbero rispettare le formulazioni degli studi AREDS. In generale, seguire una dieta correttamente bilanciata e variata ti permette di apportare i microelementi essenziali per salvaguardare la tua vista. Se hai dubbi circa l’appropriatezza della tua alimentazione, prenota una visita col nostro medico nutrizionista presso il centro Medical264.
La vista è fatta per essere usata, ma bisogna evitare di farne un uso sbagliato! Per non affaticare eccessivamente il sistema visivo, è opportuno seguire le seguenti regole: utilizzare gli occhiali prescritti; rispettare una distanza di almeno 33 cm durante la lettura (per il tuo bambino, il messaggio è semplice: schiena dritta e foglio o device sul tavolo!); mantenere una buona fonte luminosa ambientale; fare pause visive davanti al computer (20 secondi ogni 20 minuti, fissando un oggetto ad almeno 6 metri di distanza). Non esporti alla luce solare diretta per tempo prolungato senza indossare occhiali da sole adeguati.
Infine alcuni consigli specifici.
Se soffri di occhio secco, mantieni sempre ambienti umidi e poco riscaldati – soprattutto di notte. Potrai giovarti di effettuare impacchi compressivi del bordo palpebrale (usa garze immerse in acqua calda a 40-45° per 5 minuti al mattino e alla sera): essi migliorano la secrezione lipidica delle ghiandole di Meibomio e riducono l’evaporazione della lacrima. Cura attentamente ogni patologia dermatologica; nel dubbio, chiedi un papere dermatologico in più!
Se soffri di cheratocono, evita assolutamente lo sfregamento degli occhi, che è fortemente associato alla progressione della tua malattia. E’ fondamentale escludere con certezza la presenza di allergie oculari.
Non assumere per alcuna ragione colliri a base di cortisone se non guidato dall’oculista! Farmacisti, ottici e medici curanti purtroppo non hanno la possibilità di escludere problematiche oculari che il cortisone può scatenare. Rischi di avere problemi infettivi molto seri (cheratite da herpes e da funghi) e, nel lungo termine, di sviluppare cataratta e glaucoma.
Ricorda che l’uso delle lenti a contatto deve essere per un numero di ore limitate al giorno: deve essere per forza alternato agli occhiali, per evitare l’insorgenza di intolleranze e di problemi infettivi potenzialmente molto seri. Quando indossi le lenti a contatto, evita assolutamente il contatto con acqua corrente e, soprattutto, l’acqua delle piscine.
Quando richiederla, in cosa consiste, come preparare il tuo bambino alla visita e cosa aspettarsi una volta finita
Nel bambino è necessario effettuare le cosiddette visite filtro, entro il primo anno di vita, al terzo anno e al sesto anno. Inoltre, se i genitori o il pediatra dovessero sospettare la presenza di problemi visivi, è importante escluderli al più presto con una visita aggiuntiva. Se il tuo bambino ha iniziato a correggere il suo difetto visivo, inoltre, sarà l’oculista a indirizzarti sulla tempistica con cui rivederlo. Ricorda: è molto importante rispettare gli appuntamenti che il tuo bambino ha dall’oculista, perché circa il 10% dei bambini rischiano di sviluppare occhio pigro, un problema completamente privo di sintomi, che esordisce nei primi anni di vita e che deve essere corretto al più presto.
Come per l’adulto, l’obiettivo della visita oculistica pediatrica è valutare lo stato di salute del sistema visivo; la grande differenza è che, almeno al di sotto dei tre anni di età, la collaborazione del bambino può non essere completa: pertanto, la visita mirerà a ricercare segni il più possibile indipendenti dalla collaborazione e, dove è necessario ottenerla, usare degli stratagemmi che attirano l’attenzione del bambino. La visita oculistica consiste in una serie di procedure non invasive e non dolorose, alcune delle quali possono essere effettuate da un assistente. Innanzitutto, viene verificata l’anamnesi, cioè lo stato di salute generale e oculare, i pregressi interventi effettuati, l’uso di farmaci e la presenza di allergie. I genitori possono facilitare il personale medico in questa fase presentando una sintesi anamnestica (spesso disponibile dal medico curante o, ad esempio, nel foglio di dimissione di eventuali ricoveri ospedalieri). Successivamente all’anamnesi, se fattibile in base all’età (di solito si riesce al di sopra di un anno) viene in genere effettuato un esame computerizzato per stimare il difetto visivo (autorefrattometria), della durata di pochi secondi.
Vengono verificati eventuali occhiali in uso; il genitore può facilitare questa fase portando la prescrizione degli occhiali in uso (…non la trovi? Chiedi al tuo ottico! Molto spesso è stata trattenuta da lui e comunque lui ha lo storico delle tue lenti). Il passo successivo è provare, per ciascun occhio, la capacità visiva naturale (cioè il numero di decimi letti senza alcuna correzione) e con la migliore correzione.
Se il tuo bambino non collabora perché è troppo piccolo, la prova della vista potrebbe non essere effettuabile. In tal caso, l’oculista o l’assistente valutano alcuni segni indiretti, cioè la capacità di seguire stimoli visivi in maniera corretta con ciascun occhio. Se l’esame della vista è invece eseguibile, a seconda dell’età del tuo bambino, si possono usare i cosiddetti “ottotipi figurati” (che mostrano appunto figure al posto di lettere; di solito sono usati tra 1 e 3 anni di età) oppure le “E”.
Il test della acuità visiva con le lettere E consiste nell’orientare la lettera nelle quattro principali posizioni dello spazio; il bambino è invitato a indicare dove vanno le gambe: se in basso, in alto, a destra o sinistra. Questo test si usa generalmente dai 3 anni fino a che il bambino non ha imparato l’alfabeto. E’ molto utile eseguire questo test a casa nei giorni prima della visita per allenare il bambino; inoltre, ritagliare e colorare la propria E può essere un gioco che avvicina il bimbo alla visita con curiosità. Se cerchi una E adatta, clicca qui per scaricarla.
Dopo questa fase, si studiano alcuni parametri critici, legati alla collaborazione tra i due occhi: la motilità oculare (che dimostra l’assenza di deficit dei muscoli dell’occhio), i riflessi luminosi corneali (usati per verificare l’assenza di strabismo manifesto), il cover test (un test in cui si chiede al bambino di fissare un oggetto e, coprendo in sequenza un occhio o l’altro, si verifica l’assenza di strabismo), il riflesso di convergenza; vengono infine presentati al bimbo dei test per verificare la presenza di visione tridimensionale (test molto importante perché ci segnala che entrambi gli occhi inviano correttamente gli stimoli visivi al cervello e che queste strutture collaborano adeguatamente tra loro). In seguito si studia il segmento anteriore dell’occhio e si dilata la pupilla con alcune gocce di collirio che bruciano per alcuni secondi (le riconoscerai: i colliri che dilatano la pupilla hanno tutti il tappo rosso!). Se si vuole studiare la presenza di difetti visivi latenti con l’esame della vista in cicloplegia, queste gocce verranno instillate più volte e la visita si concluderà dopo 20-30 minuti dall’ultima somministrazione.
A questo punto, si potrà ripetere l’esame computerizzato che stima il difetto visivo e misurare nuovamente la capacità visiva. Si concluderà la visita studiando il segmento posteriore dell’occhio… in questa fase, la luce sarà più intensa e potrà dare un po’ di fastidio al tuo bambino. Se tuo figlio è troppo piccolo, di solito invece dell’esame completo della retina, si usa il test del riflesso rosso: se proiettando una luce sulla retina, essa restituisce un riflesso omogeneamente rosso, questo significa che non ci sono patologie rilevanti a carico della retina e del cristallino.
Il tuo oculista è ora pronto a sintetizzare tutte queste informazioni e a concludere la visita.
Dopo la visita, la vista del tuo bambino potrà essere temporaneamente in difficoltà per effetto della dilatazione pupillare: la messa a fuoco per vicino sarà alterata e sarà più sensibile alla luce. Questi effetti durano alcune ore (in media 2-3 ore, ma sporadicamente fino a 24 ore) e si risolveranno quando la pupilla si sarà ristretta. E’ possibile che i genitori possano notare fino al giorno successivo alla visita un atteggiamento leggermente più agitato del bambino: questo è assolutamente normale e può essere un effetto di alcuni colliri usati per la cicloplegia.
Il termine glaucoma indica un gruppo di malattie degli occhi che colpiscono l’1-2% della popolazione, accomunate dalla perdita progressiva di fibre nervose, dall’aumento dell’escavazione della testa del nervo ottico e dalla riduzione della sensibilità retinica misurata con l’esame del campo visivo. Il fattore di rischio principale del glaucoma è l’aumento della pressione intraoculare, sebbene il 10-20% dei casi di glaucoma abbiano una pressione oculare normale. Altri fattori di rischio importanti sono la familiarità e la presenza di dispersione di materiale anomalo all’interno dell’occhio (come nel glaucoma pseudoesfoliativo o nel glaucoma da dispersione di pigmento) o l’uso di colliri cortisonici, che aumentano la pressione oculare.
Il glaucoma è asintomatico fino agli stadi avanzati e, se non riconosciuto e trattato tempestivamente, può portare a cecità. Data l’assenza di sintomi, è essenziale effettuare visite oculistiche periodiche (almeno ogni 2 anni) al di sopra dei 40 anni di età.
Durante la visita oculistica, il medico può sospettare la presenza di glaucoma perché ha trovato una diversità di escavazione della testa del nervo ottico tra i due occhi o la pressione oculare più alta della norma (sopra i 21 mm Hg con misurazione mediante tonometro di Goldmann; va sottolineato non bisogna fare affidamento sulle misure ottenute con altri tonometri). In caso di sospetto glaucoma, l’oculista vi consiglierà alcuni esami di approfondimento: l’OCT per studiare lo spessore delle fibre retiniche e delle cellule ganglionari da cui le fibre originano; l’esame del campo visivo per valutare la sensibilità retinica all’interno dei 30° centrali; la pachimetria per misurare lo spessore corneale centrale (parametro che può modificare il valore reale della pressione misurata).
E’ necessario inoltre effettuare un esame chiamato gonioscopia per studiare l’anatomia dell’angolo irido-corneale, in cui è posto il trabecolato, la struttura che filtra l’umor acqueo all’esterno dell’occhio e che ne regola la pressione. Questo esame serve a distinguere le forme ad angolo aperto da una minoranza in cui l’angolo è stretto o chiuso; la valutazione dell’angolo guida l’oculista nel definire correttamente le strategie terapeutiche da seguire.
La terapia classica del glaucoma ad angolo aperto consiste nell’utilizzo di colliri che abbassano la pressione intraoculare. Nei casi iniziali o quando non si vuole appesantire eccessivamente la terapia del paziente, si può scegliere di trattare il trabecolato con alcuni tipi di laser per aumentarne la filtrazione. Nei casi più severi, può rendersi necessario effettuare un intervento di chirurgia filtrante (trabeculectomia, sclerectomia profonda, ma anche a volte chirurgia innovativa con l’utilizzo di MIGS) con l’obiettivo di abbassare la pressione in maniera massimale.
Nei casi di glaucoma ad angolo stretto o chiuso, la terapia medica può funzionare molto meno del normale ed invece è vantaggioso asportare precocemente il cristallino con l’intervento di cataratta.
Una volta stabilito un obiettivo pressorio sulla base della severità del glaucoma, l’oculista invita il paziente ad effettuare visite di controllo periodiche con la ripetizione di OCT e campo visivo al fine di controllare la stabilità della malattia e la tollerabilità della terapia in atto.
Il centro specialistico Medical264 è fornito di strumentazione all’avanguardia per diagnosticare e seguire i pazienti affetti da glaucoma o da sospetto di malattia.
La degenerazione maculare è una patologia in cui la porzione centrale della retina (detta macula) si deteriora e non funziona adeguatamente. La malattia è più correttamente definita come degenerazione maculare legata all’età (DMLE), poiché si manifesta soprattutto in soggetti di età superiore ai 65 anni come normale processo di invecchiamento. Alcuni casi di degenerazione maculare sono pertanto lievi e non influenzano completamente la visione mentre altre forme sono gravi e possono causare la perdita della vista in entrambi gli occhi. Si distinguono due forme principali di DMLE: una atrofica o non essudativa (la forma di gran lunga più frequente) e una neovascolare o essudativa. Esse hanno diversi sintomi, trattamento e prognosi.
Sintomi La degenerazione maculare interessa di solito entrambi gli occhi, ma in modo asimmetrico. I sintomi principali sono la distorsione, deformazione o ondulazione delle righe (metamorfopsie), il calo della capacità di discriminare dettagli (più per vicino che per lontano) o la visione offuscata in una porzione fissa e centrale del proprio campo visivo. La degenerazione maculare neovascolare ha di solito insorgenza ed evoluzione più rapida rispetto alla forma atrofica. In entrambi i casi, la degenerazione maculare può rendere molto difficile svolgere attività quotidiane come la lettura, la visione della TV o la discriminazione di dettagli (lancette dell’orologio, numero del tram etc).
Cause e Fattori di Rischio La degenerazione maculare è una malattia multifattoriale in cui sembrano giovare un ruolo importante i processi ossidativi locali: la retina, infatti, è una struttura ad alto metabolismo energetico, continuamente esposta allo stress ossidativo della luce. Il fattore di rischio principale è l’età: dai 65 anni, la macula inizia a degenerare in circa il 10% dei pazienti, fino ad arrivare al 30% in soggetti di 85 anni. La familiarità è un altro fattore di rischio importante. Alcuni fattori sono associati a un rischio aumentato di degenerazione maculare: fumo, alcool, esposizione prolungata alla luce solare, diabete, alimentazione non corretta, positività per malattie cardiovascolari. La miopia elevata è associata ad alcune forme di maculopatia.
Diagnosi Come per molte altre malattie, la diagnosi precoce è fondamentale per identificare la degenerazione maculare negli stadi iniziali e impedire o ritardare che progredisca a forme avanzate, più difficili da controllare. Per effettuare una diagnosi precoce, è opportuno effettuare visite oculistiche periodiche al di sopra dei 60 anni di età o, in caso di miopia elevata, anche prima. In caso di sospetto diagnostico, l’oculista vi chiederà di effettuare un approfondimento diagnostico con OCT, metodica disponibile presso il centro Medical264. Al fine di monitorare l’andamento della malattia, al termine della visita viene consegnata una griglia, chiamata Test di Amsler, che consente di autovalutare per ciascun occhio la presenza e l’aumento di aree di distorsione centrale.
Trattamento Il trattamento della degenerazione maculare legata all’età mira innanzitutto a ridurre il rischio di peggioramento della malattia. In letteratura c’è evidenza che è possibile ridurre il rischio di peggioramento seguendo questi consigli: ridurre l’esposizione ai fattori di rischio (fumo, alcool, raggi UV), svolgere regolare attività fisica, attenersi a una dieta sana e che preveda l’integrazione con nutrienti antiossidanti e zinco (secondo le direttive degli studi AREDS, Age-Related Eye Disease Study). Nelle forme neovascolari, è necessario iniettare periodicamente all’interno dell’occhio dei farmaci antiangiogenetici (anticorpi monoclonali antiVEGF, tra cui Avastin, Lucentis, Eylea) con l’obiettivo di bloccare le perdite di liquido e sangue all’interno della retina e di limitare la formazione di neovasi sotto la retina. Il trattamento con anti-VEGF ha rivoluzionato la storia clinica della DMLE neovascolare (che in precedenza era sostanzialmente non trattabile).
Il cheratocono è una malattia dovuta all’anomalia delle fibre collagene, per cui la cornea tende a sfiancarsi, assottigliandosi e assumendo una forma progressivamente più curva ed appuntita (il cono). Il cheratocono di solito interessa entrambi gli occhi in tempi diversi; lo si deve sospettare in presenza di una progressiva miopizzazione di un occhio, con aumento dell’astigmatismo e necessità di modificare gli occhiali più volte in un breve arco di tempo. Non tutti i cheratoconi sono progressivi: alcune volte, una volta instauratisi, tendono ad auto-limitarsi.
In presenza di nuova diagnosi di cheratocono, è importante quindi stabilire la tendenza alla progressione della malattia. Per questo, è necessario effettuare con regolarità (almeno 2-4 volte all’anno per i primi anni) l’esame della topografia corneale per misurare alcuni parametri corneali (astigmatismo anteriore, curvatura massima anteriore, spessore corneale minimo, elevazione massima posteriore).
Negli stadi iniziali di malattia, la correzione con occhiali consente di ottenere una capacità visiva adeguata. Negli stadi successivi, invece, gli occhiali non consentiranno più una capacità visiva ottimale a causa dell’alto astigmatismo irregolare; in questi casi è l’utilizzo di lenti a contatto su costruzione a consentire di raggiungere una vista adeguata, grazie al fatto che la lente a contatto “neutralizza” l’irregolarità della cornea.
In presenza di progressione del cheratocono, sarà possibile effettuare il trattamento di cross-linking per irrobustire l’aderenza tra le fibre collagene della cornea. In alcune forme stabili, invece, si potrà considerare un approccio riabilitativo per ridurre l’astigmatismo mediante l’inserimento di anelli intrastromali. Negli stadi più avanzati, il cheratocono può richiedere l’intervento di trapianto di cornea.
Al centro specialistico Medical264 ci avvaliamo di personale con grande esperienza chirurgica e contattologica per gestire con successo tutte le esigenze delle persone affette da cheratocono, e più in generale, da patologie corneali e della superficie oculare.
Per le modalità con cui effettuare una visita oculistica in età pediatrica, visita questa pagina.
L’obiettivo della visita oculistica è valutare lo stato di salute del sistema visivo. Nell’adulto, è necessario richiedere una visita oculistica ogni volta che si verifichino cambiamenti visivi o comparsa di sintomi visivi. In presenza di dolore oculare, importante calo visivo, improvvisa visione di corpi mobili o lampi all’interno del campo visivo, non perdere tempo: la visita deve essere effettuata al più presto. In ogni caso, al di sopra dei 40 anni di età è buona prassi effettuare una visita oculistica almeno ogni due anni anche in assenza di sintomi oculari. Questo perché alcune malattie (quali ad esempio il glaucoma) sono completamente asintomatiche per il paziente e devono essere riconosciute precocemente per evitare problemi irreversibili al sistema visivo.
La visita oculistica consiste in una serie di procedure non invasive e non dolorose, alcune delle quali possono essere effettuate da un assistente. Innanzitutto, viene verificata l’anamnesi, cioè lo stato di salute generale e oculare, i pregressi interventi effettuati, l’uso di farmaci e la presenza di allergie. Il paziente può facilitare il personale medico in questa fase presentando una sintesi anamnestica (spesso disponibile dal medico curante o, ad esempio, nel foglio di dimissione di eventuali ricoveri ospedalieri).
Successivamente all’anamnesi, viene in genere effettuato un esame computerizzato per stimare il difetto visivo (autorefrattometria). Vengono anche letti eventuali occhiali in uso; ancora una volta, il paziente può facilitare molto questa fase portando la prescrizione degli occhiali in uso (…non la trovi? Chiedi al tuo ottico! Molto spesso è stata trattenuta da lui e comunque lui ha lo storico delle tue lenti). Il passo successivo è provare, per ciascun occhio, la capacità visiva naturale (cioè il numero di decimi letti senza alcuna correzione) e con la migliore correzione. Possono essere usati alcuni test visivi per calibrare al meglio la visione binoculare.
Dopo questa fase, si studia il segmento anteriore dell’occhio e si misura la pressione. Quest’ultima procedura può essere leggermente fastidiosa e infatti la si fa precedere dall’instillazione di una goccia di anestetico e di colorante (che bruciano per alcuni secondi). Normalmente (almeno per i pazienti che non hanno fatto visite recenti), a questo punto si dilata la pupilla con alcune gocce di collirio (le riconoscerai: i colliri che dilatano la pupilla hanno tutti il tappo rosso!). Dopo un’attesa variabile da 5 a 30 minuti, si conclude la visita studiando il segmento posteriore dell’occhio… in questa fase, la luce sarà più intensa e potrà darti un po’ di fastidio.
Il tuo oculista è ora pronto a sintetizzare tutte queste informazioni e a concludere la visita.
Dopo la visita, la tua vista potrà essere temporaneamente in difficoltà per effetto della dilatazione pupillare: la messa a fuoco per vicino sarà alterata e sarai più sensibile alla luce. Questi effetti durano alcune ore (in media 2-3 ore, ma sporadicamente fino a 24 ore). E’ quindi opportuno farti accompagnare alla visita e non guidare finché la pupilla non si sia ristretta; per ridurre i fastidi della dilatazione, puoi indossare degli occhiali da sole fino ad arrivare a casa.
Riassumendo, per essere il paziente ideale, ti aspettiamo al centro Medical264 portando con te:
una sintesi anamnestica
la prescrizione delle lenti in uso (sia occhiali che lenti a contatto)
Se indossi quotidianamente le lenti a contatto, ricordati di sospenderle due giorni prima (o dodici giorni in caso di malattie della cornea: in tal caso, fai presente la problematica al momento di fissare la visita).
L’occhio umano possiede due lenti, la cornea (a fuoco fisso) e il cristallino (a fuoco variabile, a consentire la messa a fuoco a diverse distanze). La cataratta è la perdita progressiva di trasparenza del cristallino a determinare calo visivo, visione sfuocata, visione doppia, abbagliamento. Di solito questo problema interessa entrambi gli occhi, ma in maniera asimmetrica (un occhio è più disturbato dell’altro).
Lo sviluppo di cataratta nella gran parte dei casi è legato all’invecchiamento, probabilmente per lo stress ossidativo indotto dalla luce stessa; tuttavia esistono alcune forme secondarie a malattie come diabete, dermatite atopica, disturbi del metabolismo quali la galattosemia. Anche l’abuso di cortisone è associato a sviluppo precoce di cataratta. Non è possibile prevenire l’insorgenza della cataratta; soltanto nelle forme legate ad altre patologie, il loro miglior controllo ne può ritardare l’insorgenza. Se presente è opportuno limitare l’uso di cortisone; è inoltre saggio utilizzare occhiali filtranti in condizioni di forte luminosità ambientale per ridurre lo stress ossidativo oculare.
L’intervento di cataratta consiste nell’asportazione del cristallino e la sua sostituzione con una lente artificiale. Durante l’intervento, il sacco del cristallino viene aperto, il contenuto del cristallino naturale viene eliminato e poi sostituito con una lente artificiale. L’intervento di cataratta è una delle procedure chirurgiche più effettuate in medicina; ha pertanto un eccellente livello di standardizzazione e di prevedibilità dei risultati, al punto che il paziente può sfruttare la necessità di effettuare l’intervento per ottimizzare la propria vista. Grazie all’intervento di cataratta, potrai decidere di non utilizzare più occhiali per lontano, oppure per vicino, oppure addirittura di non portare più occhiali del tutto! Questa scelta dipende dal tipo di lente intraoculare che si decide di impiantare, che a sua volta dipende dalle caratteristiche dell’occhio e anche dalle aspettative visive del paziente.
Ti è stata diagnosticata la cataratta e vorresti togliere gli occhiali? Il centro Medical264 collabora con le migliori cliniche di Milano, con esperienza decennale nella cura di questa patologia e con completa disponibilità di tutte le varianti chirurgiche necessarie (utilizzo di femtolaser, customizzazione del calcolo della lente multifocale, tracing dei vasi congiuntivali per il corretto orientamento di lenti che correggano l’astigmatismo) per affrontare al meglio questo intervento.
Richiedi una visita oculistica per inquadrare il tuo problema e capire le soluzioni migliori per te.